Il 70% degli italiani è sotto i livelli minimi di Vitamina D. Essa è un prezioso micronutriente. L’esposizione al sole, sia pure con le dovute cautele, è l’unico modo per garantirne un certo quantitativo necessario per mantenere in salute le ossa e tutto l’organismo per l’inverno.
Essa contribuisce alla fissazione del calcio nelle ossa per renderle più robuste, preservandole dalle fratture. Certe abitudini della vita come proteggersi troppo con le creme solari, stare molto in casa senza esporsi al sole riducono l’assorbimento della vitamina D. Infatti che il 70% della popolazione italiana è sotto i livelli minimi nel sangue. Per le persone ospedalizzate la percentuale sale anche al 100%. Stanno meglio i cittadini scandinavi, che pur non avendo molto sole, hanno livelli di vitamina D più alti degli italiani grazie all’aggiunta di vitamina D in cibi diffusi.
Fino a 50 anni la dose giornaliera di questa vitamina è di 400-800 unità internazionali, pari a 0,4-0,8 grammi, di vitamina D3 o colecalsiferolo, la forma di questa vitamina più utile all’assorbimento del calcio nelle ossa. Dai 50 anni in su la quantità deve arrivare a 1 grammo, il contenuto di un litro e mezzo di latte, anche scremato, o di 5-7 barattolini di yogurt.
In natura le fonti di approvvigionamento di vitamina D sono due: la luce del sole e gli alimenti. Sono sufficienti 40 minuti al giorno in maglietta e pantaloni corti d’estate per farsi una scorta per tutto l’inverno. Il cibo è la seconda fonte di vitamina D, ma è difficile quantificarne l’assunzione. Ciò perché la presenza negli alimenti più diffusi è minima. Un cucchiaio di olio di fegato di merluzzo basterebbe per la dose giornaliera di un anziano, ma il suo sapore è poco gradevole.
Poi ci sono i pesci grassi, come salmone e sgombro, che con 150 grammi di prodotto coprono il fabbisogno giornaliero, oppure a succo d’arancia, uova, fegato e formaggi. Ma la quantità di vitamina D è così scarsa che bisognerebbe mangiare questi cibi in quantità troppo elevata.
Basta sottoporsi a un’analisi del livello della “25 idrossivitamina D” nel sangue o di “25 (OH)D” per sapere se si è in carenza o no. Se il dosaggio risulta essere inferiore a 75 nmol/L oppure a 30ng/L, a seconda dei sistemi utilizzati, occorre intervenire.
Due sono le forme in commercio: la D3, che stimola l’enzima prodotto dalla pelle per produrre vitamina D. E’ innocua, perché agisce in modo naturale. Infatti l’organismo attiva la Vitamina D3 soltanto per la quantità di vitamina D che serve all’organismo. Oppure la vitamina D già attiva, riservata però per le persone a rischio, cioè che abbiamo già avuto fratture, perché può intossicare l’organismo.
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