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Cosa c’è alla base del declino cognitivo nell’invecchiamento?

Il meccanismo alla base del declino cognitivo nell’invecchiamento non è più un mistero. Infatti i ricercatori dell’Università del Colorado Anschutz Medical Campus hanno realizzato un importante studio postato sulla rivista Science Signaling. La scoperta potrebbe portare a nuovi farmaci e terapie per trattare la decadenza cerebrale dovuta alla vecchiaia.

“Il meccanismo in questione coinvolge la cattiva regolazione di una proteina cerebrale nota come CaMKII, cruciale per la memoria e l’apprendimento”, ha dichiarato il coautore senior dello studio Ulli Bayer, professore di farmacologia presso la University of Colorado School of Medicine. “Questo studio suggerisce direttamente strategie di trattamento farmacologico specifiche”, ha continuato Bayer. I ricercatori, attraverso modelli di topi murini, hanno rilevato che l’alterazione della proteina cerebrale CaMKII provoca effetti cognitivi simili a quelli della degenerazione cognitiva in fase senile. “L’invecchiamento, nei topi come negli esseri umani, riduce un processo noto come nitrosilazione, ovvero il legame covalente del monossido di azoto con una molecola, generalmente organica, e comporta la modifica di specifiche proteine cerebrali, tra cui la CaMKII”, ha spiegato Bayer.

“La ricerca dimostra che anche una ridotta variazione di CaMKII è sufficiente a causare danni analoghi, alla plasticità sinaptica e alla memoria, a quelli dell’invecchiamento”, ha detto Bayer. Con il progredire dell’età si assiste a una riduzione progressiva della quantità di ossido nitrico nell’organismo. Questo diminuisce a sua volta la nitrosilazione, con effetti invalidanti su memoria e capacità di apprendimento.

“La nuova ricerca apre la strada allo sviluppo di farmaci e altri interventi terapeutici che potrebbero normalizzare la nitrosilazione della proteina”, ha detto Bayer. “Ciò offre la possibilità di curare o di evitare il declino cognitivo senile per un periodo di tempo imprecisato”, ha proseguito Bayer.

“Queste terapie troverebbero applicazione solo nel tipico regresso mentale scandito dal corso dell’età e non in quello che si osserva nella malattia di Alzheimer e nella demenza”, ha precisato Bayer. “Sappiamo che questa proteina può essere bersagliata”, ha affermato Bayer. “E pensiamo che si possa fare in modo farmacologico; questo è il prossimo passo logico”, ha concluso Bayer.

Redazione

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