Salute

Asma: le colpe dell’inquinamento

Ci sono connessioni tra asma e inquinamento atmosferico. Quando cresce l’uno si diffonde pure l’altra. A pagare il prezzo più caro sono i bambini, il cui apparato respiratorio, al pari di quello degli anziani, è più vulnerabile. Durante l’infanzia, l’inquinamento contribuisce ad acuire le crisi. Ma anche a fare emergere nuovi casi di malattia. Secondo gli esperti, sono infatti almeno quattro milioni i bambini che s’ammalano ogni anno di asma nel mondo. Tutto ciò principalmente a causa dell’inalazione del biossido di azoto. Questa sostanza irritante per l’apparato respiratorio, la cui presenza nell’aria è dovuta alla combustione. E’ l’estrema sintesi di una ricerca pubblicata sulla rivista The Lancet Planetary Health.

Lo studio è stato coordinato dal dipartimento di salute pubblica della George Washington University

Da esso si evince che oltre 6 nuovi casi su 10 di asma si verificano nelle aree urbane. Questo a dimostrazione dell’impatto che proprio il traffico veicolare ha sulla qualità dell’aria e quindi sulla salute. Ponendo in relazione i dati relativi alla presenza di biossido di azoto in 125 grandi città di tutto il mondo con i tassi di incidenza di asma nei bambini, i ricercatori hanno stimato l’impatto che l’inquinamento atmosferico provocato dal gas ha sulla salute respiratoria dei più piccoli. Il biossido di azoto ha inciso in maniera variabile a seconda delle città. Dal 2010 al 2015, ogni anno sarebbero stati almeno 4 milioni i bambini ammalatisi di asma. Nella classifica delle metropoli più inquinate, ce ne sono otto cinesi. In totale sono stati stimati 760 mila nuovi casi annui di asma in Cina.

L’asma bronchiale è la più comune malattia cronica nell’infanzia

In Italia colpisce un bambino su dieci ed è una delle più rilevanti cause di assenze da scuola e ricorso al consulto degli specialisti. Dal pediatra sino anche al pronto soccorso, dove a livello globale si stima che entri una quota compresa tra 9 e 33 milioni di persone a cause delle complicanze dell’asma. La malattia è eterogenea, contraddistinta da una sintomatologia variabile: mancanza di respiro o respiro sibilante, oppressione toracica, tosse. Anche il tempo e l’intensità dei sintomi non sono standard e l’inquinamento è uno dei fattori in grado di amplificare la portata della malattia. Il biossido d’azoto, come l’ozono, provoca infatti l’infiammazione e l’ostruzione delle vie aeree già nelle persone sane: a maggior ragione in chi soffre di malattie croniche respiratorie. I suoi livelli, a leggere i dati del rapporto “Mobilitaria”, sono mediamente in flessione in tutta Italia. Ma la situazione della Pianura Padana è ancora poco confortante: Milano e Torino sono le città che nel 2017 hanno fatto registrare i valori più elevati di biossido d’azoto.

Cos’è possibile fare per migliorare la situazione?

Secondo Susan Anenberg, docente di salute ambientale e occupazionale alla George Washington University e coordinatrice della ricerca, “occorre far muovere la cittadinanza in maniera più pulita: puntando sui mezzi di trasporto elettrici o sul pendolarismo attivo, muovendosi cioè a piedi o in bicicletta. In questo modo si ridurrebbero i livelli di biossido di azoto, oltre che di ozono e polveri sottili e, di conseguenza, l’incidenza dell’asma”. Secondo la ricercatrice, inoltre, sarebbe opportuna una revisione (al ribasso) dei limiti fissati per il biossido di azoto, dal momento che “il 92% dei bambini asmatici incrociati viveva in aree in cui i valori del composto erano inferiori a quelli fissati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità”.

A giovarsene sarebbe l’intera popolazione, oltre che il Pianeta. “Bisogna ripensare la governance delle città in modo globale, con un progetto di interventi strutturali che miri a decarbonizzare l’economia e a disincentivare l’utilizzo di fertilizzanti azotati nel settore agro-zootecnico – chiosa Nicola Pirrone, direttore dell’Istituto sull’inquinamento atmosferico del Cnr -. L’Italia sta facendo molto bene nella produzione di energia da fonti rinnovabili, ma andrebbero migliorate le reti di distribuzione”.